Equo compenso - professionisti
EQUO COMPENSO: PRIME VALUTAZIONI
"Fine dei bandi a 0 Euro"
In vigore per circa 1.6 milioni di professionisti
Cos'è e come si calcola...
PREMETTIAMO CHE...
La legge 21 aprile 2023 n. 49 con l’articolo 1 definisce il concetto di equo compenso, specificando che per essere considerato “equo” il compenso deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto e al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai parametri stabiliti per la determinazione dei compensi. Alla base della nuova normativa c’è il principio secondo cui la fissazione di tariffe minime o massime nello svolgimento delle libere professioni può essere ammessa solo nella misura in cui le stesse siano fondate su un motivo di interesse generale nel rispetto dei princìpi di non discriminazione e proporzionalità. Ebbene, tra questi motivi di interesse generale può esservi quello di impedire che le prestazioni siano offerte a prezzi insufficienti per garantire la qualità delle stesse, ossia che si realizzi una concorrenza che si traduca nell’offerta di prestazioni al ribasso con il rischio di un peggioramento della qualità dei servizi forniti.
ASPETTI GENERALI E PRECISAZIONI IN MATERIA DI COMPENSI PER LE PRESTAZIONI PROFESSIONALI
Con la legge 21 aprile 2023 n. 49 (in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 104 del 5.5.2023),l’equo compenso per le prestazioni professionali dei liberi professionisti trova una importante regolamentazione nel sistema giuridico italiano. L’art. 1 della nuova legge prevede che per “equo compenso” si debba intendere la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti rispettivamente dai decreti ministeriali.
OBBLIGATORIETÀ DEI PARAMETRI MINISTERIALI
L’obbligatorietà dei parametri ministeriali, in virtù della nuova normativa (cfr. art. 2 della legge n. 49/2023), si realizza quando i rapporti professionali hanno a oggetto “la prestazione d’opera intellettuale di cui all’articolo 2230 del Codice civile, regolati da convenzioni aventi a oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali svolte in favore di imprese bancarie e assicurative nonché delle loro società controllate, delle loro mandatarie e delle imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di cinquanta lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro”. Inoltre, la menzionata obbligatorietà trova applicazione anche in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al Dlgs. 19 agosto 2016, n. 175. La nuova normativa non si applica, in ogni caso, alle prestazioni rese dai professionisti in favore di società veicolo di cartolarizzazione né a quelle rese in favore degli agenti della riscossione. Gli agenti della riscossione garantiscono comunque, all’atto del conferimento dell’incarico professionale, la pattuizione di compensi adeguati all’importanza dell’opera, tenendo conto, in ogni caso, dell’eventuale ripetitività della prestazione richiesta (cfr. comma 3 art. 2 della legge 49/23). La effettività della norma è garantita dal disposto dell’art.3 della legge 49/23, che stabilisce la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, in considerazione anche dei costi sostenuti dal prestatore d’opera, nonché la nullità delle pattuizioni di un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri. Il comma 2 dell’art. 3 completa il quadro delle nullità, estendendo le stesse a quelle pattuizioni che vietino al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione o che impongano l’anticipazione di spese o che, comunque, attribuiscano al committente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto o del servizio reso. Il comma 4 dell’art. 3 menzionato fissa un importante principio di tutela del professionista, prevedendo sia che la nullità delle singole clausole non comporta la nullità del contratto, che rimane valido ed efficace per il resto, sia che la nullità opera solo a vantaggio del professionista ed è rilevabile d’ufficio. Ciò a conferma della inderogabilità della nuova disposizione normativa.
L’AZIONE GIUDIZIARIA DEL PROFESSIONISTA
Il professionista può proporre azione giudiziaria dinanzi al Tribunale competente al fine di impugnare la convenzione lesiva dei diritti derivanti dalla nuova normativa. Il comma 6 dell’art. 3, legge 49/23, prevede che il Tribunale proceda alla rideterminazione secondo i parametri previsti dai decreti ministeriali relativi alle attività svolte dal professionista, tenendo conto dell’opera effettivamente prestata. Al riguardo, il Giudice potrà chiedere, se necessario, al professionista di acquisire dall’Ordine o dal collegio a cui è iscritto il parere sulla congruità del compenso o degli onorari, che costituisce elemento di prova sulle caratteristiche, sull’urgenza e sul pregio dell’attività prestata, sull’importanza, sulla natura, sulla difficoltà e sul valore dell’affare, sulle condizioni soggettive del cliente, sui risultati conseguiti, sul numero e sulla complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate. In tale procedimento il Giudice può avvalersi della consulenza tecnica, ove sia indispensabile ai fini del giudizio. Va sottolineato il ruolo di garanzia dell’Ordine professionale, che realizza il soddisfacimento della fede pubblica in un contesto di piena realizzazione del principio di sussidiarietà. Il Giudice, accertata l’iniquità del compenso erogato al professionista, disporrà la rideterminazione dello stesso e potrà emettere una sentenza di condanna del committente al pagamento della differenziale tra quanto precedentemente pagato e quello che spetterà in base all’applicazione dei parametri ministeriali di riferimento. In ogni caso, il Giudice può altresì condannare il cliente al pagamento di un indennizzo in favore del professionista fino al doppio della differenza di cui sopra, fatto salvo il risarcimento dell’eventuale maggiore danno (cfr. art. 4, legge 49/23).
PRESUNZIONI E PRESCRIZIONE
Il testo di legge rafforza ulteriormente la posizione processuale del professionista, laddove stabilisce che gli accordi preparatori o definitivi conclusi tra i professionisti e le imprese si presumono unilateralmente predisposti dalle imprese stesse, salva prova contraria (cfr. art. 5, legge 49/23). L’art. 5, comma 2, declina una regola fondamentale in tema di prescrizione del diritto del professionista al pagamento dell’onorario. Tale diritto decorre dal momento in cui, per qualsiasi causa, cessa il rapporto con l’impresa, soggetta al regime della obbligatorietà dell’equo compenso. In caso di una pluralità di prestazioni rese a seguito di un unico incarico, convenzione, contratto, esito di gara, predisposizione di un elenco di fiduciari o affidamento e non aventi carattere periodico, la prescrizione decorre dal giorno del compimento dell’ultima prestazione. La disposizione rafforza, senza dubbio, la posizione processuale del professionista rispetto al suo onere probatorio. Giova sottolineare che le imprese, soggette agli obblighi previsti dalla legge sull’equo compenso, hanno la facoltà di adottare modelli standard di convenzione, concordati con i Consigli nazionali degli Ordini o collegi professionali. Ne deriva che i compensi pattuiti nei modelli standard si presumono nel rispetto dell’equità fino a prova contraria.
IL RUOLO CENTRALE DEI CONSIGLI NAZIONALI DEGLI ORDINI PROFESSIONALI
L’art. 5, comma 4, legge 49/23, prevede che i Consigli nazionali degli Ordini o collegi professionali sono legittimati ad adire l’autorità giudiziaria competente qualora ravvisino violazioni delle disposizioni vigenti in materia di equo compenso. Trattasi di una previsione molto importante, che attribuisce ai Consigli nazionali un interesse ad agire processualmente a tutela del rispetto della normativa sull’equo compenso, in un’ottica di garanzia della legalità, essendo tali Consigli espressione di enti di diritto pubblico. L’art. 5 su citato va collegato al successivo art. 9, legge 49/23, secondo il quale i diritti individuali omogenei dei professionisti possono essere tutelati anche attraverso l’azione di classe, ai sensi del titolo VIII-bis del libro quarto del Codice di procedura civile. Pertanto, ferma restando la legittimazione di ciascun professionista, l’azione di classe può essere proposta dal Consiglio nazionale dell’Ordine al quale sono iscritti i professionisti interessati o dalle associazioni maggiormente rappresentative. Il Consiglio nazionale, nell’ottica sopra espressa, mantiene un interesse ad agire a tutela dei diritti individuali omogenei dei professionisti, diritti che trovano regolamentazione anche nella normativa sull’equo compenso. Inoltre, il legislatore prevede che i parametri di riferimento delle prestazioni professionali siano aggiornati ogni due anni su proposta dei Consigli nazionali degli ordini o collegi professionali (cfr. art. 5, comma 3, legge 49/23). Ne deriva che ogni Consiglio nazionale con scadenza biennale dovrà proporre al Ministero vigilante l’aggiornamento dei c.d. parametri. Da ultimo, il testo normativo pone a carico degli Ordini e dei Collegi professionali l’adozione di disposizioni deontologiche volte a sanzionare la violazione, da parte del professionista, dell’obbligo di convenire o di preventivare un compenso che sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta e determinato in applicazione dei parametri previsti dai pertinenti decreti ministeriali, nonché a sanzionare la violazione dell’obbligo di avvertire il cliente, nei soli rapporti in cui la convenzione, il contratto o comunque qualsiasi accordo con il cliente siano predisposti esclusivamente dal professionista, che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare in ogni caso, pena la nullità della pattuizione, i criteri stabiliti dalle disposizioni della presente legge (cfr. art. 5, comma 5, legge 49/23). Ancora una volta, il legislatore richiede all’ordinamento professionale di regolare al proprio interno un sistema di controllo in merito al rispetto della normativa, che tutela non solo il professionista, ma anche il cittadino.
DECORRENZA DELLA NORMATIVA SULL’EQUO COMPENSO
L’art. 11, legge 49/23, prevede che “le disposizioni della presente legge non si applicano alle convenzioni in corso, sottoscritte prima della data di entrata in vigore della medesima legge”. La nuova normativa, pertanto, seguendo una regola generale, non ha effetto retroattivo.
L’OSSERVATORIO NAZIONALE EQUO COMPENSO
L’art. 10, legge 49/23, prevede l’istituzione presso il Ministero della Giustizia dell’Osservatorio nazionale sull’equo compenso. Tale Osservatorio è composto da un rappresentante designato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, un rappresentante per ciascuno dei Consigli nazionali degli Ordini professionali, due rappresentanti designati dal Ministero dello Sviluppo Economico tra le associazioni professionali di cui all’articolo 2 della legge n. 4 del 2013, e che ai componenti di tale organismo non spetta alcun compenso, gettone, rimborso di spese o altro emolumento. L’istituzione di tale organismo viene a sottolineare ulteriormente il ruolo centrale dei Consigli nazionali degli Ordini professionali nella “subiecta materia”.
DECORRENZA TERMINE PRESCRIZIONE AZIONE DI RESPONSABILITÀ
L’articolo 8, legge 49/23, interviene sulla disciplina della decorrenza del termine di prescrizione dell’azione di responsabilità professionale, individuando il relativo dies a quo nel giorno del compimento della prestazione. Orbene, ai sensi dell’art. 2946 c.c. il diritto al risarcimento del danno conseguente a responsabilità professionale è di 10 anni. Sembra opportuno sottolineare come la regola introdotta dal legislatore (decorrenza della prescrizione dal compimento della prestazione) risponda ad un principio di civiltà giuridica, in quanto la diversa tesi, secondo cui tale termine dovesse decorrere dal momento in cui il danno si fosse manifestato, rischiava di rendere imprescrittibile nella sostanza l’azione di responsabilità nei confronti del professionista.
IL SUPERAMENTO DELL’ART. 9 DEL D.L. 1/2012
Come sopra esposto, se da un lato la lettera a) del comma 1 dell’articolo 2 del decreto legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, stabiliva genericamente l’abrogazione delle norme che prevedevano l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime con riferimento alle attività libero-professionali e intellettuali; dall’altro lato, l’art. 9 del D.L. 1/2012, a conclusione del progetto legislativo di liberalizzazione della determinazione dei compensi professionali, prevedeva che:
- le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico venivano abrogate (comma 1);
- ferma restando l’abrogazione di cui al comma 1, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista veniva determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del Ministro vigilante (comma 2).
- parametro «V», dato dal costo delle singole categorie componenti l’opera;
- parametro «G», relativo alla complessità della prestazione,
- parametro «Q», relativo alla specificità della prestazione;
- parametro base «P», che si applica al costo economico delle singole categorie componenti l’opera.
Il compenso, al netto di spese ed oneri, è quindi dato dalla seguente formula:
CP= ∑ (V×G×Q×P)
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